Grandi navi fuori da Venezia? Zaia&C. vogliono 100 mln

Andrea Moizo

Come la trattativa Stato-Bonucci, anche quella Stato-crociere parte e facilmente finirà con il primo nella parte del pollo e il rischio di dover sborsare centinaia di milioni per togliere le navi da San Marco o doversele tenere in Laguna vita natural durante.

Per imbonirsi l’Unesco in vista di un’imminente riunione che potrebbe umiliare l’Italia inserendo Venezia e Laguna fra i siti a rischio, il Consiglio dei ministri ha approvato un provvedimento che da agosto proibirà alle navi superiori alle 25mila tonnellate di stazza lorda di navigare nel Canale della Giudecca e davanti San Marco e di raggiungere quindi la stazione marittima, gestita in concessione fino a metà 2025 da Vtp, società facente capo principalmente alla Regione e alle compagnie crocieristiche.

Il Consiglio dei ministri non ha però varato un testo definitivo, ma uno “salvo intese”. Circola solo una bozza. Non solo non si dettagliano i tempi previsti per allestire gli approdi alternativi a Marghera (sempre dentro la laguna), ma sono pure lasciati in bianco la dotazione del fondo “finalizzato all’erogazione di contributi in favore” di compagnie di navigazione, operatori portuali, Vtp e lavoratori, nonché le relative coperture. Finita la fanfara utile a lisciare l’agenzia Onu, il provvedimento si è rivelato un guscio vuoto. La polpa, attesa a breve (il divieto è annunciato per il primo agosto: occorre pubblicarlo in Gazzetta ufficiale), potrebbe risultare assai succosa per qualcuno.

Vietare dalla sera alla mattina un’attività finora autorizzata, in assenza di alternative (per gli approdi di Marghera ci vorranno dai sei mesi ai 2 anni), significa cancellare centinaia di scali già programmati, stravolgere senza preavviso la programmazione economica di decine di imprese e migliaia di lavoratori e ledere l’affidamento di un concessionario dello Stato (contrattualmente inappuntabile, per chiarire la differenza con Autostrade). Si tratta cioè di un danno che qualunque tribunale riconoscerebbe.

E mentre le compagnie crocieristiche plaudivano a Draghi, perché la destinazione Venezia al crocierista medio la si vende tranquillamente anche ormeggiando a Ravenna o Monfalcone e l’eventuale biglietto cancellato sarà rimborsato dallo Stato e poi rivenduto, Luca Zaia, governatore veneto ma soprattutto azionista del terminal concessionario, era il più lesto a chiarire i termini della questione, parlando esplicitamente di “trattativa su Vtp” e “danni da ripagare”. Così, con il fattore tempo tutto dalla sua parte e la controparte che si è venduta in mondovisione la pelle dell’orso prima di averlo cacciato, pubblicamente Zaia s’è tenuto sul vago. Ma a Palazzo Chigi ha mandato una corposa e riservata lista in dieci punti (visionata dal Fatto).

Chiarito che l’allestimento degli approdi alternativi a Marghera sarà in carico allo Stato, si calcola che quando saranno pronti la capacità si ridurrà di circa tre quarti; ogni approdo perso fino a fine concessione, sia quelli già programmati e cancellati per il nuovo divieto, sia quelli potenziali prendendo a parametro i 602 scali del 2019, è valutato 80mila euro. A spanne, 80 milioni di euro. Ma il conto per lo Stato sfonda il tetto dei 100 con la “rinuncia” a due anni e mezzo di canone (15 milioni), l’indennizzo dei ricavi secondari (4 milioni l’anno) e la proroga concessoria al 2031.

Mettendoci i rimborsi alle compagnie armatoriali e qualche forma di ristoro per imprese fornitrici e lavoratori (che resteranno comunque col cerino in mano), facile che il conto per lo Stato lieviti. Ecco, quindi, il colpo da maestro di Zaia: posto che i “contributi”, se non saranno adeguati, potranno diventare risarcimenti e il decreto essere impugnato, l’elenco si conclude offrendo di “rivedere” il quantum a fronte dell’impegno dello Stato a scavare, a suo carico, il canale Vittorio Emanuele III, che renderebbe la stazione marittima raggiungibile dal Canale dei Petroli, evitando Giudecca e San Marco.

In altri termini, per fare propaganda con l’Unesco, invece che imporre il divieto ma magari a partire dal 2022, provvedendo a realizzare un’alternativa per tempo, il governo ha firmato una cambiale in bianco salatissima: o sborsa centinaia di milioni o rende a sue spese la stazione marittima compatibile, di fatto sconfessando lo spostamento delle navi fuori laguna e promuovendo un’opera dagli ignoti impatti ambientali. Chi sarà spennato?


Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 17 luglio 2021. Fotografia di Anne & Saturnino Miranda da Pixabay.

 

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